Enrico Mandolesi Edilizia Pdf 13
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Prefabbricare significa realizzare parti funzionali di un'opera edilizia prima e al di fuori della ''fabbrica'', intesa come momento e luogo della materializzazione vera e propria di un organismo edilizio o di un'opera infrastrutturale; in effetti la fabbrica è l'opera edilizia stessa nel suo concretizzarsi. La p. incide, nei modi e nei tempi, sull'attività costruttiva che si svolge nella fabbrica: questa non è più sede esclusiva della realizzazione degli elementi costruttivi, i quali anziché essere fatti lì per lì nella loro sede definitiva, cioè in opera, vengono costruiti in ambiti esterni. In tal senso soluzione radicale è realizzare i componenti al di fuori del cantiere, cioè in stabilimenti distribuiti sul territorio: si ha così la p. fuori opera (fig. 1, A, B). D'altra parte l'ambito può essere esterno alla fabbrica ma interno al cantiere, che in questo caso comprende aree per prefabbricare componenti: si ha così la p. a piè d'opera (fig. 1, C, D). Infine sussiste la possibilità, apparentemente paradossale, di operare all'interno della stessa fabbrica, cioè nell'ambito dell'area coperta dall'edificio: si hanno così la p. a piè di fabbrica (fig. 1, E, F), che consiste nella realizzazione a terra, all'interno del perimetro di base del fabbricato, di componenti da collocare in quota per sollevamento (modalità tipica, per es., dei procedimenti lifting) e la p. al piano (fig. 1, G, H), cioè la realizzazione di componenti in quota e in prossimità della sede di posa (per es. pannelli-facciata prefabbricati sui vari solai).
Il ricorso alla p. dà la possibilità di ridurre oneri o complessità propri del costruire in sito: il pezzo prefabbricato può avere come attributo intrinseco l'eliminare una o più lavorazioni in opera, e può quindi essere tanto più conveniente quanto più elevato è il suo grado di semplificazione (GS), espresso dal numero e/o dal tipo di lavorazioni assorbite. D'altra parte il prefabbricare non costituisce sempre un'alternativa alla realizzazione in opera di un manufatto, ma può risultare scelta obbligata per due motivi: a) l'elemento non è realizzabile in altro modo per le caratteristiche dei materiali che s'intendono o si possono impiegare e si ha così la p. intrinseca al pezzo (per es., mentre la colonna in pietra è realizzabile tanto in opera con rocchi sovrapposti quanto prefabbricata monopezzo e così pure un pilastro in cemento armato può essere gettato in opera o prefabbricato, invece una colonna in ghisa, modellabile soltanto a caldo, non può che essere prefabbricata, come pure un ritto ricavato da un tronco d'albero); b) l'opera da costruire comporta obbligatoriamente il ricorso alla p. per ragioni d'impiego e/o di destinazione d'uso e si ha così la p. intrinseca all'intera opera; è il caso delle ''unità spostabili'', da smontare e riedificare (per es., per il passato, le tende mongole e, attualmente, le unità abitative scomponibili, gli involucri pneumatici e i ponti militari Bailey), oppure da trasportare intere e complete (per es. cellule spaziali, mobile-home e ponti militari semoventi). Sintetizzando, le ragioni d'essere della p. sono due: rappresentare soluzione alternativa alla costruzione in opera; costituire soluzione obbligata in conseguenza dei materiali utilizzabili oppure del tipo d'impiego dell'opera edilizia.
Qualunque sia il motivo del ricorso alla p., il pezzo prefabbricato dev'essere dell'opera da costruire parte sostanziale e compiuta con specifiche caratteristiche morfologiche (in funzione del ruolo che ha ai fini della definizione dello spazio architettonico, della statica e del comfort) e con precise correlazioni con altre parti prefabbricate o da realizzare in opera; s'identifica perciò con un elemento costruttivo funzionale (v. edilizia, App. IV, i, p. 630) proprio di una determinata opera edilizia, sia questa un unicum o un'entità ripetibile. In sostanza il pezzo prefabbricato è un componente formalmente e costruttivamente strutturato in funzione di un'opera specifica, organismo edilizio od opera infrastrutturale che sia; in ciò si distingue dai pezzi ''preformati'' o ''preassemblati'', i quali come elementi costruttivi base (v. edilizia, App. IV, i, p. 630) hanno, rispetto a esso, valenze elementari, non costituendo parte strutturata e completa dell'opera, nonché ruolo subalterno quando concorrono a conformarlo. Il componente prefabbricato infatti può essere realizzato sia come composito di elementi preformati e/o preassemblati (per es. un pannello-facciata in conci laterizi o una finestra) sia come monopezzo ottenuto per asportazione o per modellatura (per es. rispettivamente una colonna in pietra o in ghisa). Il pezzo prefabbricato tende alla completezza tanto che il componente ideale è quello che in opera non richiede lavorazione alcuna ma solo operazioni di montaggio; tuttavia nella realtà produttiva si hanno differenti condizioni di completezza, per cui si possono individuare, con riferimento al grado di semplificazione (GS) sopra definito, più categorie di componenti prefabbricati.
In rapporto agli elementi di fabbrica e all'opera edilizia nel suo insieme, il pezzo prefabbricato può costituire: una o più parti di un elemento di fabbrica (per es., per le chiusure verticali il pannello-facciata e il serramento forniti separatamente o già assemblati, per gli elementi di comunicazione verticale la rampa della scala dotata o non di parapetto), che è il caso più diffuso per la maggiore praticabilità rispetto agli altri che seguono; l'intero elemento di fabbrica (per es. un involucro gonfiabile, un'intera copertura a traliccio spaziale premontata a piè di fabbrica, una cellula spaziale); parti di più elementi di fabbrica, i cosiddetti prefabbricati ''tridimensionali'' (per es. gli elementi integrati in cemento armato come pannelli portanti+ soletta, pilastri+soletta, soletta+parapetto); l'intera opera edilizia, in genere di piccole dimensioni (per es. mobile-home, organismi monocellulari, ponti semoventi).
Si può dire che lo scheletro portante in ferro è stato il primo elemento di fabbrica i cui ''pezzi'' vengono prefabbricati in officina industrializzata per poi essere trasportati e montati in opera, in base a un progetto che tiene conto di due nuovi momenti della fase realizzativa: quello in officina, industrializzato (vengono introdotte per la prima volta nell'edilizia, per il pezzo, la misura di progetto, la misura nominale e quella effettiva) e quello in cantiere, rinnovato ma sostanzialmente tradizionale. La carpenteria metallica sia per gli edifici che per le opere infrastrutturali diviene sinonimo d'industrializzazione dell'edilizia, di cui sono il portabandiera gli Stati Uniti e trampolino di lancio le grandi e spettacolari Esposizioni Universali.
Tuttavia ancora non si può parlare di p. industriale, in quanto manca la serialità a livello di opera edilizia, anche se seriale è la produzione dei profilati metallici che costituiscono gli elementi base preformati da lavorare nell'officina. In ogni modo si comincia a intravedere la possibilità di trasferire molte lavorazioni al di fuori del cantiere, evitando le inclemenze stagionali e gli oneri delle lavorazioni ''umide'' in opera proprie delle costruzioni murarie. Nella maggioranza dei casi le costruzioni sono di tipo misto: scheletro in ferro, solai in ferro ed elementi laterizi, tamponature e tramezzi murari; il tutto viene così riportato nell'ambito del cantiere tradizionale. In ogni modo vi sono esempi precorritori per giungere a un'industrializzazione che coinvolge in modo pieno l'edilizia dal progetto al cantiere.
In quest'ottica va ricordata l'opera più significativa di J. Paxton: il noto Palazzo di Cristallo (fig. 9) per l'Esposizione di Londra (1851), che rappresenta uno dei primi esempi di p. totale di un organismo edilizio basata su una specifica metodologia di progettazione e di organizzazione esecutiva, tanto da essere considerata un'anticipazione dei criteri informatori oggi consolidati. Paxton, mettendo a frutto le positive esperienze nel realizzare serre con componenti prefabbricati in ghisa e ferro unitamente alle nuove lastre in vetro rinforzato di produzione industriale, imposta il progetto dell'imponente opera (92.000 m2 coperti) su criteri modulari, con la conseguente definizione di elementi costruttivi tra loro combinabili dimensionalmente e accoppiabili per semplice montaggio ''a secco''. L'edificio è stato progettato secondo un reticolo modulare di pianta avente una maglia quadrata con lato di 8 piedi (2,43 m), valore che Paxton ha determinato tenendo in considerazione al tempo stesso le dimensioni produttivamente accettabili degli elementi costruttivi e le esigenze funzionali per l'articolazione degli spazi espositivi e di servizio; è anticipato così uno dei criteri base della progettazione che oggi si persegue nell'ambito dell'edilizia industrializzata. In pratica vengono coinvolti nel processo d'industrializzazione tutti i principali componenti dell'opera: le colonne in ghisa cave (tutte dello stesso diametro; è lo spessore della parete a variare in funzione dei carichi); le travi a traliccio in ferro dolce; i nodi meccanici in ghisa (base e capitello della colonna); i tiranti in ferro dolce; le travi in legno armate con tondino; i tralicci arcuati in legno; le pareti esterne in ghisa e vetro. Paxton inoltre studia preventivamente con criteri innovativi l'organizzazione del cantiere: determina fasi operative ben scandite nel tempo da svolgere razionalmente in coordinamento tra loro senza interferenze; adotta e idea sistemi di sollevamento e di posa in opera, del tutto originali, per conseguire la massima facilità e rapidità nel lavoro di montaggio (sistematizzazione del tiro in alto mediante cavalli; ideazione del carrello, su binari in quota, per la posa dei vetri dei lucernai). Tutto ciò gli ha consentito di erigere lo scheletro portante in soli quattro mesi (dal 26 settembre 1850 al 30 gennaio 1851); considerato che in questo stesso periodo venivano approntati in officina gli elementi di completamento, per ultimare l'edificio furono necessari soltanto altri tre mesi (31 aprile 1851). Paxton impiega elementi in ferro e in ghisa già entrati nell'uso corrente nelle opere ferroviarie, in quelle stradali e nelle costruzioni navali, cioè usa i prodotti tipici dell'industria ''sinceramente'', non ricorrendo a camuffamenti stilistici, senza peraltro rinunziare alla propria creatività sotto il profilo architettonico e alla sperimentazione tecnologica: si può dire che per la prima volta si raggiunge un corretto rapporto tra architettura e industria. Infatti Paxton instaura una stretta collaborazione con la ditta Fox, Henderson & Company per la progettazione e la produzione industriale delle colonne in ghisa; anche in questo caso intuisce che al pari della collaborazione tradizionale con l'artigiano ormai era indispensabile quella con il settore produttivo industriale, in modo da comprenderne la struttura operativa, ma al tempo stesso indirizzarne la produzione in termini di validità architettonica. 153554b96e